“Vico della Giudea”: Alla riscoperta della comunità ebraica di Itri
by Mattia Punzo • 18 ottobre, 2013 • IN EVIDENZA, NEWS • 9 Commenti
L’esperienza che racconto trae ispirazione dalla mia necessità di acquistare un mobile, un armadio sempre più accogliente per le mie masserizie in continua “lievitazione”.
L’armadio custodisce abiti, cappelli, sciarpe, borse, tutto ciò che appartiene al passato, con il quale il nuovo si integra in una simbiosi quasi perfetta.
Metaforicamente nell’armadio è riposta la memoria storica di ciascuno. Ogni capo porta con se ricordi, emozioni, sogni, aspettative. In sintesi la nostra vita.
L’acquisto per me, quindi, mai avrebbe potuto essere casuale. La ricerca meticolosa e incessante mi ha portato in ogni dove, ma è stata pienamente soddisfatta in uno storico negozio di mobili, proprio nel quartiere della capitale nel quale vivo. Rimango colpita dalla cortesia, dalla professionalità e dal sorriso della signora Paola Misano, la titolare, che acutamente mi mostra ciò che cercavo. Conversando piacevolmente, scopro che conosce Itri, la mia città di origine.
Iniziamo così a dialogare sulle nostre radici culturali, storiche e religiose.
Ci accomuna la fede in Dio. Io cristiana, Paola ebrea.
L’armadio è il nostro legame simbolico.
La parola “Aron” in ebraico vuol dire armadio.
“Aron Kakodesh” è l’armadio nella Sinagoga dove sono tenuti i rotoli della Torà che per il popolo ebraico ha un rilevante significato sacro. La Torà racchiude i Comandamenti dettati da Dio a Mosè sul monte Sinai, tutta la narrazione della creazione del Mondo fino alla morte di Mosè, e l’approfondimento di regole religiose.
La conversazione con Paola diventa sempre più intensa, le riferisco che nel Medioevo in molti comuni del basso Lazio si insediarono comunità ebraiche. A Fondi particolarmente fiorenti erano le attività e la partecipazione alla vita cittadina di un cospicuo gruppo di ebrei,che si stanziarono nella città fin dall’epoca romana. Attualmente rimangono della loro presenza testimonianze considerevoli nel quartiere dell’ ”Olmo Perino”. La rilevanza storica di tale insediamento ha determinato un interesse sfociato nel 2012 nel Convegno “Gli ebrei a Fondi e negli altri feudi dei Caetani”. Il Convegno, coordinato dal prof. Giancarlo Lacerenza del Centro di Studi Ebraici dell’ Università di Napoli “L’Orientale”, è stato realizzato con il patrocinio del Comune di Fondi, dell’ Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, delle Comunità Ebraiche di Napoli, di Roma, del Centro di cultura ebraica, dell’Archivio Storico della Comunità Ebraica di Roma, di cui è membro la dottoressa arch. Laura Supino.
La signora Paola mi mette in contatto proprio con la dottoressa Supino, che da molti anni conduce ricerche sulla presenza di comunità ebraiche nell’Italia meridionale. Non aveva informazioni su Itri ma consultando gli archivi storici del Comune di Terracina, ne ha scoperto l’esistenza di una comunità.
Accetto l’invito a visitare il Museo Ebraico di Roma e la Sinagoga, situati nel ghetto, di fronte all’Isola Tiberina, lo estendo agli amici itrani, Anna Saccoccio coordinatrice di asilo nido, nonché mia sostenitrice in questo cammino di riscoperta, Alfredo Saccoccio giornalista e scrittore, Paolo Manzi ricercatore storico.
Inizia così uno scambio interculturale, inteso come disponibilità a conoscere la storia, la cultura e la religione di reciproca appartenenza.
La Supino è la nostra guida al Museo Ebraico, che risulta molto interessante; custodisce oggetti d’arte, circa 400 argenti, 900 tessuti, 100 marmi e preziosi documenti, che raccontano la storia degli ebrei di Roma , comunità fra le più antiche al mondo.
Visitiamo il “Tempio Maggiore”, inaugurato nel 1904, è la più importante Sinagoga di Roma, oltre che essere tra i più grandi templi d’Europa.
Per me è la prima volta, sono emozionata.
Alfredo e Paolo indossano la “kippah”, copricapo usato dagli uomini per entrare in sinagoga e per le cerimonie religiose.
L’ interno è splendido, è ricco di decorazioni, lo stile è “art nouveau”.
Mi colpisce l’assenza di immagini e figure sacre, la loro esposizione non è permessa dalla Legge, perché il secondo Comandamento afferma che non si devono produrre immagini del Signore. Per questo motivo non sono ammesse arti figurative e ritratti dell’uomo e della donna perchè creati con le sembianze di Dio.
A fine estate si rinnova lo scambio interculturale.
Giungo ad Itri con la Supino, ci accolgono gli amici Alfredo, Anna, Paolo.
Iniziamo la visita partendo da Porta Mamurra, ingresso principale che conduce a Sant’Angelo, parte alta del centro storico.
Alfredo e Paolo si alternano nel narrare la storia di Itri; illustrano le figure scolpite sugli stipiti dell’arco di accesso, il leone ed il serpente, simbolo quest’ultimo della città.
E’ mattina inoltrata, la vita è intensa intorno a noi, la porta è un passaggio che ci immerge , quasi magicamente, in una totale assenza di rumori.
Investiti da tale atmosfera, saliamo i gradini della lunga scalinata che si apre ripida davanti a noi, raccolti nelle nostre inattese emozioni, arriviamo a “Vico della Giudea”.
Anna ed io siamo raggianti, finalmente riusciremo a sapere qualcosa di più concreto sulla vita che si svolgeva in questo vicolo di Itri la cui storia, chissà, forse, ci appartiene personalmente… da anni …
La Supino ne osserva la tipologia, la disposizione delle unità abitative ed ipotizza che il vicolo non sia stato un ghetto, ma un quartiere riservato agli ebrei, separato dalla popolazione cristiana.
Il ghetto presuppone la coercizione di un popolo a vivere in un quartiere, gli ebrei, al contrario, ad Itri, avevano scelto di abitarci spontaneamente, così come avveniva per tute le minoranze,insediandosi sotto il torrione più piccolo del castello medievale.
Probabilmente la esigua Comunità si riuniva in preghiera nella casa del rabbino( maestro,studioso, guida spirituale della Torà e della Legge di Mosè) o dell’esponente più anziano, e quella poteva essere la sinagoga.
Nota, inoltre, che un gradino di alabastro di accesso al vicolo conserva ancora un foro, nel quale ipotizza venisse inserita un’asta di ferro facente parte di grate messe a protezione della comunità nelle ore notturne.
Ad oggi non vi sono documenti e reperti archeologici che abbiano permesso di stabilire una specifica datazione, ma si spera possa essere identificata attraverso gli studi che la Supino ha intenzione di approfondire partendo da “Vico della Giudea” .
La ricercatrice ritiene che la piccola comunità ebraica garantisse alla popolazione itrana alcune attività artigianali, quali il lavoro nelle concerie, forse proprio nel rione la “Conceria,” dove partecipava alla produzione e trasformazione di pelli. La concia pregiata di pelli di animali cacher ( uccisi secondo le regole ebraiche) era usata per le pergamene su cui scrivere la Torà, o per altri documenti non ebraici.
La fertilità del terreno e la salubrità del clima, particolarmente adatte alla coltivazione dell’ olivo e della vite, favorirono, con ogni probabilità, l’interesse della Comunità in quest’area di produzione.
L’olivo per gli ebrei è sinonimo di pace, regalità e sacralità.
La lampada ad olio a sette bracci, la “Menorah”, simbolo della religione ebraica, presente in tutte le sinagoghe, anticamente veniva accesa all’interno del Tempio di Gerusalemme, attraverso combustione di olio preparato appositamente per l’uso sacro.
Il vino estratto dalle uve rosse era forse… il famoso “cecubum”, ancora oggi prodotto in alcune località del Lazio, ma non più ad Itri .
Il vino rosso è usato nella celebrazione di vari riti e cerimonie religiose, come nell’Ebraismo nell’entrata del sabato lo “Shabbat”, quando si dice la benedizione del vino e del pane che avviene propriamente con vino rosso, versato in un calice .
Scandagliato in ogni possibile angolo il “Vico della Giudea”, non avendo altri elementi da valutare, concludiamo il nostro itinerario esplorativo davanti ad un caffè a casa di Paolo.
La moglie, docente di religione, invita la Supino a partecipare ad alcune lezioni nella Scuola, nella quale insegna, per illustrare agli allievi la storia, gli usi, costumi, le regole religiose degli ebrei vissuti a Itri .
Il cammino verso la riscoperta della comunità ebraica di Itri è appena iniziato…
Anna Corpolongo
Roma 16/10/2013
Foto del vico della Giudea presa nell’ archivio fotografico della pagina facebook “Questo castello avrà più fans di quello di Fondi” inviata dalla fam. Iudicone, mentre le foto attuali del vico sono state scattate in data 26 ottobre 2013 da Nicola Meroli e Mattia Punzo.
Ogni casa e’ addossata all’altra, ed avevano anticamente delle porte comunicanti per aiutarsi in caso di pericolo esterno. Le case poi avevano delle botole che permettevano di salire dalle stalle al granaio anche per 4 livelli, per proteggersi dalle intemperie.Anche casa mia, proprio in Vico Giudea, era fatta in questo modo.
Grazie Patrizia per il tuo contributo. Gradirei sapere se nella tua abitazione sita in Vico Giudea, in passato sono stati trovati testi od oggetti usati nei riti ebraici.
Anna Corpolongo
A mia memoria, non ho mai visto testi od oggetti ebraici, pero’ non so’ se puo’ essere utile: il cognome di mio nonno era Di Biase, forse di origine spagnola… e poi, tutti noi abbiamo molto forte il senso del commercio… l’origine antica potrebbe essere ebrea, chissa’! Ne sarei onorata.
Articolo ben articolato e molto interessante grazie Anna di aver condiviso queste interessanti notizie!
Vico Giudea è il Vico di storia Ebraica d’Itri che con il trascorrere degli anni e secoli è rimasto intatto nella sua struttura architettonica con le scale Giudee per accedere alle abitazioni in tutta la sua sommità.
Le scale accedevano in senso contrario del Vico alle abitazioni che finivano con terrazzini dove le donne di ogni famiglia si comunicavano tra loro e svolgevano attività domestiche e di controllo dei figli che crescevano nel Vico Giudea.
Il Vico è esposto a mezzogiorno per permettere al sole d’investire tutte le case e illuminare le facciate, sistema che avveniva nella storia preromana in tutto il Mediterraneo, che ho avuto modo di vedere dall’Algeria, Tunisia, Libia ed altri paesi del Mediterraneo.
Il principio era dettato dalla necessità di avere animali per il trasporto di derrate dalla campagna al paese, quindi ogni casa aveva la sua stalla per asini adibiti al trasporto dei prodotti delle terre, ed altri animali per il fabbisogno famigliare.
Il sole quindi essiccava tutte le varie feci animali che venivano sempre rimosse dalle donne che cosi lavavano il Vico continuamente.
In estate ogni gradino del Vico veniva imbiancato con calce viva ogni “grado” per un bisogno estetico e batterico, e permetteva a tutti i bambini di vivere in un ambiente sano e pulito.
Oggi con la tecnologia delle macchine sono scomparsi tutti gli asini da soma che trasportavano ogni bene che le vicine terre offrivano ai contadini.
La Sinagoga era situata a metà Vico sulla destra guardando dal basso verso la torre del castello, oggi chiusa da un gran portone in legno che col passare del tempo fu trasformata in stalla e cantina.
Da bambino ho avuto modo di entrarci dentro in questo grande ambiente con mura di pietra imbiancate con calce bianca. Il soffitto in travi di legno era sorretto da grandi arcate di pietra che permetteva di avere un unico ambiente, per contenere molte persone per la preghiera.
Grazie Valerio per il tuo contributo. Come ho sottolineato nel mio articolo, ad oggi, non ci sono testimonianze sulla presenza di una Sinagoga. Gradirei sapere se quanto da te affermato e descritto nella frase ” la Sinagoga era situata a metà del Vico…da bambino ho avuto modo di entrarci”, possa ribaltare le ipotesi espresse nel mio testo ed essere il primo elemento che conduca ad una testimonianza reale. Per avere la conferma che quanto da te descritto corrisponda una Sinagoga, abbiamo bisogno di fare un sopralluogo, puoi aiutarci? Grazie Anna Corpolongo
Anna sono appena rientrato da Itri a Roma e fra pochi giorni rientro a Dubai per lavoro. Se vai sul vicolo puoi constatare da te stessa a metà percorso sulla destra salendo questo portone che è proprieta dei signori Palazzo.
Non sapevo che il nome del vico giudea avesse un rapporto con la conità ebreaica.
Essendo residente a l’estero, vado sempre à caccia di cualche cosa che mi possa informare sulla storia di Itri e ho trovato questi articoli molto ineressanti.
Grazi e per l’informazione.
Grazie Tiberio per il tuo commento. Il mio testo vuole essere un piccolo contributo ad una Comunità operosa che molti anni fà ha contribuito in modo operoso allo sviluppo di attività artigianali a Itri. Anna Corpolongo